Un anno di open access al Cleveland Museum of Art
Cosa succede quando un museo sceglie di aprire la propria collezione rendendo liberamente disponibili online immagini e dati? Quali sono i benefici per l’istituzione e per il pubblico?
Dal 2012, anno in cui il Rijksmuseum di Amsterdam ha aperto la strada dell’open access per le istituzioni culturali, diversi studi di settore, ricerche e articoli pubblicati dai singoli musei hanno descritto il cambiamento in termini positivi.
Anche il Cleveland Museum of Art (CMA) ha recentemente contribuito a questo dibattito con un articolo su Medium che racconta il loro primo anno di open access.
Alcuni numeri forniti rendono bene l’idea del coinvolgimento degli utenti e dell’arricchimento sociale e culturale generato.
I download di immagini della collezione in alta risoluzione (sia in jpg che in tiff) sono stati circa due milioni, più di un milione e mezzo invece i download dei file txt di metadati delle immagini.
Mentre la pagina di Wikimedia Commons che raccoglie più di quarantamila immagini di opere custodite nel museo americano ha avuto quasi sette milioni di visualizzazioni.
Il lavoro per collegare queste immagini alle voci di Wikipedia pertinenti è ancora in corso ma sono state già utilizzate per illustrare pagine in più di 25 lingue.
L’incendio delle Camere dei Lord e dei Comuni di William Turner, ad esempio, è stato usato in 18 articoli scritti in 17 lingue diverse.
Il Cleveland Museum of Art adotta per immagini e dati la licenza CC0, uno strumento legale di rinuncia al diritto d’autore e diritti connessi in tutto il mondo, ovvero la forma più radicale di pubblico dominio che non è contemplata in tutti gli ordinamenti legali (ad esempio quello italiano).
Per questo motivo le opere messe a disposizione con questa licenza sono spesso di autori morti da più di cento anni, che hanno quindi perso la protezione del diritto d’autore in tutti i paesi del mondo (il termine massimo di cento anni è quello della legge messicana).
L’articolo racconta anche alcuni riutilizzi creativi delle immagini particolarmente interessanti. La casa di moda Dolce&Gabbana ha usato Amore e Psiche di Jacques-Louis David per un abito nella sfilata AltaModa in Sicilia. Thomas Flynn ha realizzato un modello 3d di paravento a partire dalle foto in alta risoluzione di un paravento giapponese di epoca Edo Crisantemi presso un ruscello e l’ha condivisa su Sketchfab con una licenza CC BY NC.
Sono inoltre stati creati alcuni Twitter bot che condividono immagini della collezione del CMA e informazioni al loro riguardo.
Le API del museo hanno ricevuto più di quattro milioni e mezzo di chiamate.
L’aver messo a disposizione opere e dati ha permesso al Cleveland Art Museum di intensificare le collaborazioni con il pubblico, con accademici e ricercatori e con esperti d’arte portando all’acquisizione di nuove informazioni su identificazioni, attribuzioni, provenienze e contesto.
Non dovendo più occuparsi di rispondere a richieste di immagini – comunque diminuite nel corso degli ultimi anni – , il personale del museo addetto a questo settore è ora libero di occuparsi quasi esclusivamente della digitalizzazione della collezione.
Infine il CMA incoraggia i musei che non l’avessero ancora fatto a considerare la scelta dell’open access condividendo buone pratiche e consigli.
Ad esempio lavorare con lo staff di Creative Commons si è rivelato fondamentale nella loro esperienza, per il supporto legale e la capacità di coinvolgimento del pubblico offerte dall’organizzazione.
Ma soprattutto, chiarisce il Cleveland Museum of Art, l’open access non è il punto di arrivo di un processo ma il punto di partenza. Significa impegno a lungo termine del museo e investimenti sostenibili di personale, tempo e risorse per collaborazioni con altre realtà e piattaforme.
Marina Cotugno